La riflessione è di Giorgio Boccardi:
2 Gennaio
Forse le mie sono semplici supposizioni. Premature e non sufficientemente supportate da riscontri oggettivi. Forse la mia analisi è influenzata dalla mia ostinata propensione a non accettare per buono ciò che viene detto e scritto nella sua apparenza formale, ma a cercare sempre di capire
da quale pensiero (o addirittura retro pensiero) ha origine e quale fine (più o meno dichiarato) si propone di raggiungere.
Devo dire che delle tre forze politiche oggi corposamente in campo quella che mi preoccupa meno è quella che per brevità chiamerei berlusconiana. Non perché la consideri ormai inoffensiva, ma perché si presenta sul proscenio in maniera così sgangherata che, se non altro, ben difficilmente ci potrà sottrarre voti; e i riscontri che nel mio piccolo posso già avere mi confermano che ormai anche molti berlusconiani di ferro (quelli che io chiamo i devoti) ora dicono basta.
Sarebbe invece insensato sottovalutare la capacità attrattiva della formazione che fa riferimento a Mario Monti. In primo luogo perché solo uno sprovveduto accecato da spirito di parte può negare che Monti ha salvato il Paese dalla stato precomatoso, sia dal punto di vista finanziario, sia ancor più dal punto di vista della credibilità in cui l’aveva portato Berlusconi. In secondo luogo perché il prestigio, il livello di ascolto su cui Monti può contare presso tutte le Cancellerie straniere non è certo facilmente e immediatamente ottenibile da chiunque altro.
Ed è su questo fronte che le cose si fanno per il PD più difficili, perché ora non più solo Berlusconi lancia il suo frusto grido d’allarme contro i bolscevichi, ma anche Monti insiste sulla doppia anima del PD e lo fa con una tecnica consona col suo stile ma non per questo meno efficace.
Premetto che personalmente mi pare di dover cogliere nelle sue recenti sortite da un lato una grave perdita di quella terzietà che era la trave portante del suo prestigio e che gli consentiva di avere con tutti un rapporto sia pur dialettico, ma sempre ben diverso da quella connotazione litigiosa che aveva sempre contraddistinto i rapporti fra i vecchi partiti; dall’altro la dimostrazione di una scelta di parte (nel proprio personale interesse) assolutamente non abbastanza meditata perché la formazione politica che ha alle spalle è così posticcia per quanto riguarda le idee e così zeppa di vecchie, usurate figure (che tra l’altro in termini di consenso elettorale sono di ben poco peso) che potrebbe sopravvivere solo per temporanei, bassi interessi di bottega, ma non certo per quella visione politica di ampio respiro di cui l’Italia ha estremo bisogno.
Ma ciò su cui mi preme fermare l’attenzione è il tipo di reazione che il PD deve avere in questo momento; una reazione non irosa, non basata su più o meno futili controaccuse, su paragoni tipici della bassa polemica, bensì caratterizzata da una compostezza, vorrei dire da una signorilità (sia pure insaporita da un pizzico di umorismo) che renda agli occhi della gente il nostro Partito assolutamente diverso; mi verrebbe voglia di dire unico nel panorama delle forze politiche in competizione.
4 Gennaio
Devo correggere le riflessioni che stavo facendo la sera del 2 gennaio perché ieri lo scenario politico è mutato in un modo così rapido ed incredibile che quasi faccio fatica a trovarne una qualsiasi giustificazione. La caduta di stile di Mario Monti è stata così plateale da lasciare interdetti. Cosa ha potuto spingere una persona come lui che non nasconde certo la sua adesione ai principi evangelici a fare una battuta così impietosa su Brunetta? Com’è possibile che una persona come lui che non può assolutamente non conoscere quanto sancisce l’articolo 21 del Principi Fondamentali della nostra Costituzione e che per la carica che si propone di ricoprire dovrebbe esserne rigoroso custode suggerisca di silenziare chi non la pensa come lui? Un verbo adatto tuttalpiù per i telefoni cellulari. C’è quasi da chiedersi se non sia il caso di scomodare Freud e forse addirittura anche Nietzsche. Tra il serio e il faceto vien quasi da chiedersi se non sia da considerare attuale nei suoi confronti l’aforisma attribuito all’Ariosto “Chi troppo in alto sal… con quel che segue”.
Ma lo scenario politico si è fatto anche molto più chiaro, molto più agevole da interpretare per merito di Bersani. Il modo nel quale ha commentato gli avvenimenti della giornata non poteva essere più inappuntabile ed encomiabile. Pacato ma fermo, con un richiamo preciso ed esplicito a una delle caratteristiche che contraddistinguono il nostro Partito: la pluralità delle idee e dei contributi destinati a confluire in una sintesi. La pubblicità poi data al suo incontro con Renzi, sul piano mediatico è stata un autentico colpo magistrale. Non dimentichiamoci mai che fra gli incerti, i delusi e perfino i disgustati possiamo mietere in abbondanza anche per il solo fatto di riuscire a essere percepiti come diversi, meglio ancora come unici.
Praticamente mi sono trovato a constatare che al mio auspicio sul tipo di comportamento del PD in vista di queste elezioni stanno corrispondendo i fatti.
9 Gennaio
Sono passati solo quattro giorni da venerdì sera e constato ancor più che le conseguenze dei posizionamenti man mano assunti dai tre principali competitori richiedono un’attenzione e una valutazione molto approfondite. Già in questi primi giorni, infatti, assistiamo a delle torsioni (se non addirittura a delle contorsioni) nelle dichiarazioni, nelle prese di posizione, nelle promesse che ingenerano, specie in chi non ha né la pazienza né la voglia di approfondire, sconcerto e confusione. Un perverso gioco di “chi sta con chi e chi sta contro chi”. E questo sia fra i partiti in competizione, sia all’interno stesso di ogni partito. Un gioco volutamente scaltro e scorretto e perciò tanto più pericoloso. Anche perché rappresenta un piatto ghiotto per giornalisti che possono sbizzarrirsi a non finire in interpretazioni, supposizioni, pettegolezzi che, spesso prescindono da ogni doverosa verifica, ma fanno notizia.
Finora il PD è riuscito egregiamente a tenersi fuori da questo gioco e, a quanto risulta, le sue cosiddette due anime stanno tenendo un comportamento quanto mai pacato e reciprocamente corretto. Ma qualche politologo avanza già la previsione che dopo le elezioni il contrasto di vedute sulla soluzione di problemi come quelli in materia di economia, di welfare, di accordi di lavoro si farà molto duro. Io spero che Bersani sappia impedire che spinte, per ora magari sotterranee, possano alterare l’alto profilo che il Partito si è conquistato e col quale è oggi percepito dalla gente. Spero che chi nel Partito occupa posti di responsabilità non si faccia influenzare dalle insinuazioni o dagli ammiccamenti di chi - da destra e da sinistra- ha un solo interesse: incrinare l’unità ritrovata. Un’unità tanto più preziosa perché (sembra quasi un caso di eterogenesi dei fini) nata da quella contesa fra Renzi e Bersani che ha dato al Partito una grande visibilità, un credito, una stima nella cosiddetta società civile (soprattutto quella formata dai cosiddetti moderati) che forse molti nel Partito si ostinano sottovalutare.
Bersani ha operato degli “inserimenti” che mi fanno ben sperare e personalmente ho già avuto modo di constatare quanto siano apprezzati in ambienti della classe media, così come dell’area cattolica che, a torto o a ragione, diffidano di una sinistra cosiddetta massimalista. A noi spetta ora il compito di informare, di far conoscere i candidati e, pur nel rispetto delle personali simpatie, di aiutare a scegliere in modo che una dispersione dei voti non danneggi il risultato che ci sta a cuore.
Nessun commento:
Posta un commento