Alle persone normali capita, invero sempre più raramente, di avere dei figli. Immaginiamo una coppia di impiegati o di operai, con due ragazzi: una bravissima, intelligente e brillante a scuola; l'altro pigro e svogliato, poco acuto ed anche un po' scapestrato. La più brava, con sacrificio e dedizione, si laurea a pieni voti ed inizia a cercare un lavoro gratificante nel suo settore di competenza: è determinata, vuole arrivare in alto, e forse ce la farà, anche senza spintarelle. L'altro, giunto per miracolo al diploma, ha preferito andare a fare il gelataio o l'elettricista.
Si dirà: è la legge della natura, in base alla quale chi è più intellettualmente dotato aspira a divenire classe dirigente, e chi lo è meno contribuisce al progresso della società come può. Una volta, dalle nostre parti, si diceva: da ciascuno secondo le proprie capacità,a ciascuno secondo i propri bisogni. Poi è arrivato il darwinismo, e ci siamo dovuti adeguare. Esistono peraltro eccezioni a questa regola dell'evoluzione sociale. I notabili italiani, infatti, hanno figli fuori del comune:
sono sempre bravissimi, sempre preparatissimi, sempre intelligentissimi, anche quando non sanno far di conto o lottano con la sintassi della loro stessa lingua madre. Sono talmente capaci che frequentano le migliori scuole, si laureano cum laude e, men che trentenni, vengono immediatamente catapultati in consigli di amministrazione, senati accademici, istituzioni della Repubblica. Si tratta evidentemente di esemplari di una razza superiore, destinata inevitabilmente a dominare il mondo, o almeno l'Italia traboccante di svantaggiati. Non ci sono figli bravi e figli scemi: ci sono solo geni, luminari, sapienti! O forse siamo al cospetto di una distorsione della tanto decantata meritocrazia? Non sarà mica una meritocrazia di classe e di famiglia, in cui, se non sei "figlio di," non esisti e puoi accontentarti di fare il pizzaiolo nei weekend anche con lauree, master e dottorati? I tapini si invocano solo per addossare loro responsabilità e colpe: l'economia va a rotoli per via dei giovani che rifiutano i lavori umili, diamine! Mancano braccia! Spesso, per coprire le loro malefatte, i regimi si accaniscono contro i più deboli, additandoli come nemici pubblici. La sensazione che si ha osservando la situazione italiana è che la democrazia stia cedendo il passo a qualcosa sempre più simile alla società feudale, con schiere di servi della gleba a sgobbare per pochi signorotti arroganti. I giovani, che una volta erano i sognatori per antonomasia, ora sono esortati ad accontentarsi, a puntare in basso, e persino ad emigrare! Così, colpo dopo colpo, si demolisce il futuro di una nazione. Ci dicono bamboccioni, sfigati, schizzinosi, mammoni, in qualunque ambito e con sempre maggior insistenza. Stupisce che insulti simili provengano dalla generazione di quelli che, alla nostra età, gridavano a squarciagola "tutto e subito!"
A noi minus habentes non resta che il "poco e dopo", con la triste prospettiva del "niente e mai." VR
Si dirà: è la legge della natura, in base alla quale chi è più intellettualmente dotato aspira a divenire classe dirigente, e chi lo è meno contribuisce al progresso della società come può. Una volta, dalle nostre parti, si diceva: da ciascuno secondo le proprie capacità,a ciascuno secondo i propri bisogni. Poi è arrivato il darwinismo, e ci siamo dovuti adeguare. Esistono peraltro eccezioni a questa regola dell'evoluzione sociale. I notabili italiani, infatti, hanno figli fuori del comune:
sono sempre bravissimi, sempre preparatissimi, sempre intelligentissimi, anche quando non sanno far di conto o lottano con la sintassi della loro stessa lingua madre. Sono talmente capaci che frequentano le migliori scuole, si laureano cum laude e, men che trentenni, vengono immediatamente catapultati in consigli di amministrazione, senati accademici, istituzioni della Repubblica. Si tratta evidentemente di esemplari di una razza superiore, destinata inevitabilmente a dominare il mondo, o almeno l'Italia traboccante di svantaggiati. Non ci sono figli bravi e figli scemi: ci sono solo geni, luminari, sapienti! O forse siamo al cospetto di una distorsione della tanto decantata meritocrazia? Non sarà mica una meritocrazia di classe e di famiglia, in cui, se non sei "figlio di," non esisti e puoi accontentarti di fare il pizzaiolo nei weekend anche con lauree, master e dottorati? I tapini si invocano solo per addossare loro responsabilità e colpe: l'economia va a rotoli per via dei giovani che rifiutano i lavori umili, diamine! Mancano braccia! Spesso, per coprire le loro malefatte, i regimi si accaniscono contro i più deboli, additandoli come nemici pubblici. La sensazione che si ha osservando la situazione italiana è che la democrazia stia cedendo il passo a qualcosa sempre più simile alla società feudale, con schiere di servi della gleba a sgobbare per pochi signorotti arroganti. I giovani, che una volta erano i sognatori per antonomasia, ora sono esortati ad accontentarsi, a puntare in basso, e persino ad emigrare! Così, colpo dopo colpo, si demolisce il futuro di una nazione. Ci dicono bamboccioni, sfigati, schizzinosi, mammoni, in qualunque ambito e con sempre maggior insistenza. Stupisce che insulti simili provengano dalla generazione di quelli che, alla nostra età, gridavano a squarciagola "tutto e subito!"
A noi minus habentes non resta che il "poco e dopo", con la triste prospettiva del "niente e mai." VR
5 commenti:
Selezione, darwinismo, merito: meglio il concetto di merito. E' senz'altro giusto che chi vale di più, chi s'impegna di più venga valorizzato: lo facevano almeno in parte, almeno a parole perfino ai tempi "gloriosi" del socialismo reale. Premiare chi vale e s'impegna, chi s'impegna e vale è non solo un imperativo morale ma pure il bene della società intera. Non farlo porterebbe all'apatia, all'appiattimento. Non so perché scrivo queste cose, perché immagino che su questo siamo tutti d'accordo, e allora vengo al punto. La palese ingiustizia in questo discorso è che, nella necessaria competizione (sostenendo ovviamente chi non ce la fa e non lasciandolo agonizzante ai lati della pista)tutti dovrebbero partire dalla stessa linea e con lo stesso identico equipaggiamento. Sennò è una competizione truccata. Cosa che da noi succede molto, troppo spesso. Ora, riprodurre per tutti le stesse condizioni di partenza è solo una pia illusione. Però perlomeno avvicinarci a questo irraggiungibile obiettivo si può, si potrebbe, si deve. Per farlo ci sono molte e molte cose concrete e buone da fare. Sarebbe l'ora perlomeno di provarci.
Vi propongo un'ottica di analisi differente, e se i figli dei notai fossero finestre rotte?:"
Con l'espressione teoria delle finestre rotte si indica quella particolare forma di gestione del territorio secondo cui non vengono tollerate le piccole trasgressioni che, se trascurate (e non corrette e/o sanzionate subito), potrebbero generare fenomeni di emulazione.
La teoria proviene dall'esempio - appunto - della finestra rotta: se in un quartiere un teppista spacca una finestra, e nessuno la aggiusta, è molto probabile che ben presto qualcun altro faccia lo stesso se non peggio, dando così inizio ad una spirale distruttiva.[1]
Ovviamente la teoria se applicata "al contrario" si associa al concetto del "dare il buon esempio". Le persone tendono ad adeguarsi, avvicinarsi, preferire situazioni, persone o luoghi a loro stessi affini e se impossibilitati a scegliere tendono a cambiare per uniformarsi. Per cui creare un ambiente di un certo tipo: con finestre rotte, per esempio, porta la comunità attigua a distruggere, un ambiente invece ben curato porta la comunità (anche quella non naturalmente "curata") a curare l'ambiente che la circonda. Estendendo il concetto ai comportamenti: una persona aggressiva porterà i "vicini" ad essere aggressivi, una costruttiva stimolerà gli altri ad esserlo altrettanto e così via."
Cosa ne pensate?
Hai fatto l'esempio dei figli dei notai che ovviamente fanno i notai, e così nei secoli dei secoli, amen. Che si fa? Si vieta ai figli dei notai di fare i notai? Bah. Farebbero comunque i primari o i commercialisti... E allora? Intanto si va avanti con le liberalizzazioni, scardinando quella logica che permette ai figli dei notai di fare i notai. Ma come si suol dire in questi casi il problema è più vasto. Aiutare con borse di studio chi lo merita e ha bisogno? Sperando non si tratti del figlio di un evasore totale... Oppure rimettere in sesto la scuola, giudicare gli insegnanti non in base al punteggio ma alla loro reale capacità di fare quel mestiere difficilissimo che è l'insegnante. Ma allora chi se lo merita andrebbe pagato adeguatamente, in base alla sua professionalità. E se invece non merita si potrebbe evitare di garantirgli il posto a vita e invece mandarlo a riparare i vetri delle finestre... Qui mi fermo, la finestre da aprire sono troppe!
Facile parlare di finestre rotte col culo al caldo e la certezza di far parte degli arrivati sempre e comunque... Luca N.
Michele, francamente fatico a comprendere il senso del tuo commento.
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